Il motore di ricerca degli studiosi di Seneca
Personaggio: Fetonte
The ambiguous virtus of Seneca’s Medea
una differenza tra MED e il modello euripideo si può cogliere nella connotazione di Medea con alcuni tratti dell’eroe stoico
Sublime del potere, potere del sublime in Seneca
assumendo una prospettiva insieme etica ed estetica il poeta, il tiranno e il sapiente possono essere considerati alla stessa stregua in rapporto alla categoria del sublime, con cui S. si relaziona dal punto di vista teorico in PST 41 e 115 e che realizza dal punto di vista artistico in THS (Atreo tiranno e poeta) e PRV 5,10-11 (Fetonte sapiens); il sapiente e il tiranno condividono il medesimo potere poietico, indifferentemente impiegabile, in maniera comunque sublime, per la distruzione caotica o per la creatività cosmica
Due casi di (possibili) presenze in Seneca: Ascanio e Catone il Censore
l’adulescens di PRV 2,8 condivide qualche tratto con le rappresentazioni di Ascanio in alcuni versi virgiliani noti al filosofo e utilizzati in contesti tra loro simili; in PST 87,41 si possono riscontrare affinità con la contio tenuta da Catone il Censore a favore della lex Oppia riportata in Liv. 34,3-4
Tra Ovidio e Seneca: la traccia dell’epos di Pitagora nel programma filosofico delle Naturales Quaestiones
nella prefazione di NTR III Seneca appare non solo contemplare il cosmo, ma svolgere su di esso una vera e propria azione demiurgica, imitando la precedente poesia didascalica (in particolare Ov. Met. 15) e nel frattempo contrapponendo ad essa la propria prosa scientifica, che raggiunge in tal modo il sublime stilistico
Il volo di Fetonte da Ovidio a Seneca
Seneca contestualizza Ov. Met. II,63-69;79-81 all’interno di PRV in modo tale da costruire una sorta di prosimetro e la sua lettura del volo di Fetonte come lodevole prova di virtù non deve considerarsi il frutto di un rimaneggiamento di Ovidio, bensì di una lettura selettiva del testo poetico (forse filtrata dal ricordo di Trist. IV,3,65-76), in sostanziale continuità con l’immagine di Fetonte data dal poeta, anch’essa nobile e positiva.
Fanciulli e adolescenti nelle opere in prosa di Seneca
contrasto tra l’uso strumentale, teorico e retorico dell’immagine dei bambini e dei giovani, giudicati come privi di discernimento ed inclini all’impulsività, e la pratica vissuta, l’esperienza personale, la fiducia verso un’età aperta a grandi speranze
Bambini e giovani nelle tragedie di Seneca
caratteristiche principali e funzione di bambini e giovani presenti in TRG; essi, pur essendo spesso personae mutae, sono elementi fondamentali per lo svolgimento dell’azione drammatica, oggetto di vendetta, destinati a morti atroci, meri strumenti nelle mani degli adulti; anche se nella prospettiva del saggio stoico i giovani vengono connotati come incapaci di ragionamento o violenti, risultano nel complesso caratterizzati da purezza e integrità morale in contrapposizione alla corruzione e depravazione degli adulti
Caligola come Fetonte (Sen. Ad Pol. 17, 3)
interpretazione di imperium adustum in PLB 17, 3: topos stoico del tiranno; travestimento mitologico; identificazione di Caligola con Fetonte
Self-Representation and Illusion in Senecan Tragedy
L’autore intende dimostrare la natura puramente fittizia del teatro senecano (ossia il suo non essere finalizzato alla rappresentazione) in base alla caratterizzazione dei personaggi e all’ambientazione, entrambi vistosamente artificiosi, come pure la rappresentazione degli eccessi del vizio spinta all’estremo (gli esempi cui dedica maggior attenzione sono i personaggi di Atreo e Medea e la coppia Ippolito/Fedra). Una simile modalità rappresentativa mirererebbe a mostrare la vanità del mondo in una prospettiva filosofica. Le reazioni che Seneca intenderebbe suscitare nello spettatore, anche attraverso spunti metateatrali, comprendono sia il rifiuto sia il piacere sadico.